mercoledì 30 gennaio 2013

Il Diritto della Memoria



Francoise Kankindi, candidata nella Lista Civica di Nicola Zingaretti, ha partecipato oggi, 30 gennaio 2013, alla Giornata della Memoria organizzata dall'Istituto per la Storia dell'Umbria Contemporanea, la Regione Umbria, il Comune di Perugia, l'Ufficio Scolastico Regionale dell'Umbria e l'Associazione Italia Israele di Perugia presso la Sala dei Notari del Comune di Perugia. L'evento è stato organizzato in occasione delle celebrazioni per il Giorno della Memoria per le scuole e la cittadinanza. La tavola rotonda su "Il Diritto della Memoria" ha visto confrontarsi esperti e testimoni e raccontare ai giovani delle scuole secondarie l'evoluzione dei diritti umani e del diritto internazionale a partire dai Processi di Norimberga fino all'istituzione delle corti penali per Srebrenica e per il Rwanda, della Corte Internazionale di Giustizia e anche del Tribunale dei Giusti.
Conservare la Memoria dei crimini contro l'umanità è un diritto e un dovere nei confronti dell'umanità intera: proprio grazie alla Memoria sono nate le riflessioni che hanno portato all'evoluzione del diritto internazionale e dell'universalità del concetto di Giustizia per tutti gli uomini della terra.

I ragazzi hanno a disposizione un percorso di materiali didattici e approfondimenti sul sito dell'Istituto per la Storia dell'Umbria Contemporanea, in cui trovano i documenti e gli atti di fondazione dei vari tribunali, il loro funzionamento e le competenze, così possono prepararsi insieme agli insegnanti per questo incontro.

Sono presenti le autorità, Mario Tosti, storico, Gila Liberman, psicologa, Shemso Osmanovic, sopravvissuto a Srebrenica, Gabriele Nissim, ideatore del Giardino dei Giusti GARIWO, Katja Sogreeva, diritti umani, Francoise Kankindi, Presidente Bene-Rwanda Onlus,la Memoria del Genocidio Rwandese, l'istituzione del Tribunale Gacaca.

Lettera aperta: "Vent’anni di colpevole oblio" di Françoise Kankindi


" Tra il 6 aprile ed il 18 luglio 1994, si é compiuto in Ruanda uno dei piú mostruosi crimini della storia dell’umanitá: il genocidio dei Tutsi del Ruanda dove un milione di vittime furono massacrate nello spazio di cento giorni, ad un ritmo cinque volte superiore a quello del genocidio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale.
Il genocidio dei Tutsi in Ruanda affonda le sue radici negli errori commessi dal colonialismo belga, colpevole di avere artificialmente creato il divisionismo etnico nella societá ruandese, fu pianificato, organizzato, e compiuto dal governo ruandese, dal suo esercito regolare e dalle sue milizie estremiste Interahamwe, obbligando milioni di civili ruandesi, uomini e donne, ad uccidere, garantendosi poi l’impunità perché, dopo tutto, se tutti sono colpevoli alla fino nessuno lo è.

Le Nazioni Unite già presenti sul campo con la missione di pace Unamir, le potenze internazionali quali la Francia, alleata del governo ruandese dell’epoca e gli Stati Uniti membri del consiglio di sicurezza dell’Onu, furono informate con largo anticipo di quanto si stava preparando (6 via cable del comandante Roméo Dallaire) ma nulla fecero per evitare il genocidio dei Tutsi che accadeva sotto gli occhi della comunità internazionale. 
Mentre si commettevano massacri su larghissima scala e violenze inaudibili, tutti preferirono ignorare gli obblighi non solo umanitari ma soprattutto legali derivanti dalla Convenzione del 1948 per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio. A lungo si rifiutò persino che si pronunciasse la parola “genocidio” per evitare di dover intervenire secondo quanto previsto dalla sopracitata convenzione, mentre i genocidari  trucidavano atrocemente donne e bambini appartenenti all’etnia tutsi. 
Tutto ciò avveniva sotto la luce del sole, persino la Radio delle Mille Colline incitava la popolazione a continuare il “lavoro” di sterminio dichiarando apertamente che le fosse comuni erano ancora per metà vuote, mentre i mass-media internazionali parlavano di uno scoppio irrazionale di ira tra due etnie inesistenti in Ruanda. 
Il dovere di divulgare un’informazione chiara e veritiera dall’opinione pubblica internazionale fu chiaramente disatteso, si preferì prestare più attenzione ad altri eventi internazionali, quali i campionati del mondo di calcio negli Stati Uniti, la fine dell’era dell’apartheid in Sudafrica, o il prolungarsi del conflitto nell’Ex-Yugoslavia. Come poi affermò il Premio Nobel Dario Fò, "a chi potevano interessare i neri di un piccolissimo paese senza petrolio?". 
Nessuno si soffermò sul fatto che fosse in corso un genocidio preannunciato. Fu divulgata la versione preferita dalla Francia, che copriva i suoi alleati genocidari, la quale asseriva che quanto stava accadendo in Ruanda era uno scoppio irrazionale ed improvviso di violenza, un tipico “conflitto inter-etnico”, una questione “tra selvaggi africani” per la quale c’è ben poco da fare e nella quale non vale la pena interferire.
Oggi ragazzi, aiutatemi a rompere il silenzio e oblio sul genocidio della mia gente, che poteva essere evitato. "

                                                                              
Françoise Kankindi

Riforma del sistema dell'immigrazione


La riforma del sistema dell'immigrazione proposta da Barack Obama è una boccata d'ossigeno nell'asfissiante politica dei giorni d'oggi: “We define ourselves as a nation of immigrants, that’s who we are in our bones.” “Ci definiamo una Nazione di immigrati, è quello che siamo nelle nostre stesse ossa”. Con questa frase il presidente Obama non da solo una speranza a undici milioni di persone che che lavorano negli USA senza alcuna garanzia o diritto, ma la da a tutto il mondo.

Garantire un percorso alla cittadinanza per chi lavora onestamente è un grande passo in avanti. Parliamo di persone che contribuiscono positivamente all'economia del paese ma il loro essere irregolari li incanala, loro malgrado, in un sistema di sfruttamento che si ritorce, in primo luogo, contro i lavoratori locali. E' il sistema del dumping salariale diretta conseguenza dell'informalità lavorativa. In altre parole gli immigrati vengono sfruttati per mantenere i salari bassi per tutti i lavoratori.

Nel caso degli Stati Uniti voglio ricordare un recente rapporto del Centro Studi per l'integrazione dei Migranti dell'Università della California (Csii), secondo cui il salario degli immigrati aumenterebbe tra l'8 e l'11% in caso di regolarizzazione, un incremento quantificabile in 45 miliardi di dollari in più nei prossimi dieci anni. Un contributo notevole al Pil nazionale oltre che al benessere della comunità in generale.

lunedì 28 gennaio 2013

Clochard morti a Roma: una tragedia non casuale.

“E' l'ennesima tragedia dell'emarginazione di cui, non a caso, fanno le spese due emigranti, due lavoratori come tutti noi venuti a Roma alla ricerca di una vita migliore, due persone che hanno preferito nascondersi e morire piuttosto che comunicare le loro difficoltà e chiedere aiuto; non nascondiamoci dietro un dito, questa tragedia non è una fatalità ma frutto di un sistema dell'esclusione sociale ancora troppo radicato nelle nostre città”. 
E' questo il pensiero espresso da Francoise Kankindi, candidata afro-italiana alla Regione Lazio nella Lista Civica di Nicola Zingaretti: “Dobbiamo riconoscere che in Italia – ha aggiunto la candidata di Zingaretti responsabile dell'immigrazione - c'è ancora un problema culturale relativo all'accoglienza; non basta dunque rendere disponibili i servizi e attivare i numeri verdi, ma bisogna intraprendere politiche di integrazione più coraggiose”. 
“L'esperienza associativa nel campo dell'immigrazione – ha continuato Kankindi – mi ha insegnato che non c'è progresso senza dialogo e accettazione; la tragedia dei due immigrati, probabilmente di origine somala, dimostra che c'è ancora una grande distanza fra i bisogni delle persone e la città; bisogna impegnarsi di più anche in considerazione della crisi economica e dell'inverno in corso”. 
“Ci tengo a ricordare – ha concluso Kankindi – che i lavoratori di origine straniera, come me, contribuiscono per oltre l'11% del PIL e pagano 7,5 miliardi di tasse alimentando i regimi pensionistici nazionali. Eppure il pregiudizio e la discriminazione rendono ancora difficile raggiungere l'obiettivo della piena integrazione”. 

lunedì 21 gennaio 2013

Come si vota alle Regionali



Il 24 e 25 Febbraio 2013, in concomitanza con le Elezioni Politiche, saremo tutti chiamati ad esprimere il nostro voto per la Regione Lazio. Sarà possibile scegliere non solo il candidato alla Presidenza, ma anche il singolo consigliere regionale. Per farlo basterà barrare il simbolo della lista e scrivere per esteso il cognome del candidato.

Se vuoi votarmi, fai una "X" sul simbolo della Lista Civica per Zingaretti e scrivi accanto per esteso "KANKINDI".
Galleria fotografica



Françoise Kankindi e Nicola Zingaretti: insieme per la Regione

Insieme per la Regione

Lista Civica Nicola Zingaretti Presidente

La mia famiglia

Il mio programma. Immagina: insieme per la Regione


Il mio programma: aiutatemi a realizzare ciò che abbiamo immaginato per la nostra regione!

Nascere in un paese straniero come profuga ha segnato profondamente tutte le scelte fatte nella mia vita. Il non avere un paese che rappresenti le proprie radici e la propria cultura, e in cui ritrovare la propria identità, ha rafforzato in me la convinzione che i diritti umani non siano derogabili e costituiscano invece la condizione necessaria e fondamentale per lo sviluppo dell'essere umano. Quando mi è stato proposto di candidarmi ho accettato con entusiasmo, affinché la mia lotta in favore dei diritti umani diventi la voce di quanti non hanno voce. Un’adesione convinta alla persona di Nicola Zingaretti ai suoi valori e al suo programma che condivido pienamente. 
Il lavoro è la prima sfida da affrontare in una Regione che ha prodotto negli ultimi cinque anni 100 mila nuovi disoccupati. Ho un figlio che frequenta le scuole e che in pochi anni si affaccerà sul mercato del lavoro. Come madre sono molto preoccupata e avverto che questa preoccupazione non è solo la mia. Ecco, credo che questo sia davvero l'unico modo per cambiare le cose. Impegnarmi in prima persona, per mio figlio, perché abbia una scuola pubblica che funzioni, che sia sempre più ricca di idee e di potenzialità e organizzata per accogliere tutti, assicurando anche a chi ha disabilità motorie o psichiche o esigenze specifiche di essere supportato sempre, perché la cultura è un diritto di tutti, nessuno escluso. Voglio condurre una battaglia seria per la scuola pubblica, che oggi non riesce a garantire ai ragazzi in difficoltà il sostegno così indispensabile per il buon andamento della didattica, penalizzando in questo modo tutta la classe. E voglio regalare a mio figlio e a tanti ragazzi come lui nati in Italia quello che davvero sarà il loro paese e il loro futuro, un'identità forte, sicura, che gli dia le giuste motivazioni per impegnarsi in questa società, senza dover desiderare di dover andare all'estero.
Orientamento, formazione e inserimento nel mondo del lavoro sono le questioni prioritarie del programma ma non bisogna dimenticare che l’occupazione è il risultato di un tessuto produttivo sano, vivace e votato all’innovazione. Nell’ultimo anno nel Lazio abbiamo visto chiudere 90 imprese al giorno. Per invertire questa tendenza dobbiamo puntare su un nuovo modello di sviluppo che tenga in considerazione sia le necessità degli imprenditori che intendono creare occupazione di qualità sia quelle dei lavoratori, in particolare dei giovani. Il 'Piano per i giovani' che approveremo alla Regione si basa sul diritto all’istruzione, sull’attivazione di nuovi servizi per chi cerca lavoro e per chi vuole mettere su una famiglia, sul sostegno a chi crea una nuova impresa e sugli investimenti per la cultura, che rappresenta una delle grandi risorse da valorizzare del nostro territorio.
Il Lazio potrebbe diventare, in questo senso, un vero laboratorio per la promozione di un nuovo modello di sviluppo, ecologico e tecnologico, che tenga in conto le necessità dell’ambiente e dei suoi cittadini: diffusione capillare di internet con accesso gratuito, maggiori investimenti sull’istruzione e sulla mobilità, migliore gestione dei rifiuti sono alcuni dei punti su cui il nostro programma intende puntare.  Tutto questo potrà esser fatto solo se verrà condotta una battaglia a favore della legalità e contro gli sprechi. Tagliare sui costi superflui non significherà però rinunciare all’essenziale: il welfare regionale che immaginiamo e vogliamo realizzare prevede servizi innovativi per l’infanzia, nuove politiche abitative e una sanità adeguata alle esigenze dei cittadini. 

E' necessario rivalutare il ruolo delle donne, punto centrale di questa nuova società che intendiamo costruire, far riferimento alla loro sensibilità e alla loro capacità di adeguarsi alle situazioni sempre con coraggio, competenza e spirito di sacrificio,  fare in modo che diventino loro stesse la forza trainante per uscire da questa crisi. Sarà però necessario lavorare sulla prevenzione, attraverso progetti di sensibilizzazione, puntare sulla formazione degli operatori e sul potenziamento di reti locali che mettano a disposizione luoghi di accoglienza, come le case-famiglia per le donne vittime di violenza e per i loro bambini. Nella lotta contro la violenza sulle donne il mio intento è quello di dare loro la possibilità di scegliere, scegliere di denunciare e scegliere di rifarsi una vita nuova. Importante, infine, lanciare nella nostra Regione progetti di microcredito, attraverso lo stanziamento, in particolare a donne e giovani, di finanziamenti con il fine di realizzare progetti imprenditoriali offrendo così nuove opportunità a chi è escluso dal sistema di credito istituzionale.

Questi sono i principali punti del nostro programma per cui mi impegnerò sin dal primo giorno non tralasciando però quelle che sono le mie personali priorità, le questioni su cui penso di poter dare un valore aggiunto grazie all’esperienza accumulata negli anni. Sono africana, ruandese, italiana e sono in questo paese ormai da 21 anni. Ho una famiglia e sono presidente dell'associazione Bene Rwanda un punto di riferimento per gli immigrati nel nostro paese e in particolare per i sopravvissuti del genocidio del Rwanda. I lavoratori di origine straniera, come me, contribuiscono per oltre l'11% del PIL e pagano 7,5 miliardi di tasse alimentando i regimi pensionistici nazionali. Eppure il pregiudizio e la discriminazione rendono ancora difficile raggiungere l'obiettivo della piena integrazione. Pensare ai lavoratori immigrati significa essere al servizio di chi vuole cambiare un futuro che si prospetta manchevole e inadeguato alle trasformazioni sociali e culturali che stanno avvenendo. Serve più democrazia perché non si può pensare che l’integrazione passi attraverso la segregazione. Lo ius soli, il diritto di cittadinanza nel Paese in cui si nasce, è solo l'inizio di una vera integrazione per chi in quello Stato crescerà, lavorerà e sarà parte attiva della società.
Sono cresciuta fra guerre, emergenze umanitarie, fame. Il mondo, di cui tutti noi facciamo parte, è ancora un luogo non sicuro per milioni di esseri umani che ci chiedono aiuto. I progetti della cooperazione allo sviluppo che si occupano dei migranti, attraverso programmi di formazione e di accoglienza anche direttamente nei paesi di provenienza, per esempio, sono in costante aumento e rappresentano una nuova frontiera. I lavoratori immigrati saranno dunque adeguatamente formati e i loro diritti dovranno essere rispettati in modo da non creare quel fenomeno del dumping salariale che danneggia in primo luogo i lavoratori italiani. E’ una battaglia a difesa dei più deboli affinché i diritti siano estesi a tutti i lavoratori senza alcun tipo di discriminazione. Se ciò non dovesse avvenire dovremmo prepararci a passare dal dumping salariale a quello dei diritti.  L'Italia è stato il primo paese europeo ad aver ratificato, poche settimane fa, la Convenzione sui lavoratori domestici dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro. Un trattato internazionale che ci ricorda che abbiamo il dovere di difendere tutti i tutti i lavoratori e in particolare i più deboli. Il concetto di lavoro dignitoso deve essere esteso dunque capillarmente soprattutto in quei settori a rischio come quello dell’agricoltura dove migliaia di lavoratori immigrati continuano ad essere sfruttati. Proprio l’agricoltura può rappresentare uno dei settori strategici per il rilancio della nostra Regione. L'agricoltura infatti è uno dei pochi settori ad aver aggiunto posti di lavoro durante la crisi e sono sempre più i giovani che riscoprono il lavoro nei campi effettuando una scelta esistenziale e professionale.
Valorizzare il nostro territorio è dunque riscoprire l’Italia dei campi e quella dei borghi con le loro culture e tradizioni che, se adeguatamente valorizzate, possono rappresentare un’opportunità per molti settori, a partire da quello del turismo. Difendere la campagna e i borghi dall’aggressione della cementificazione e dalla speculazione edilizia è dunque una delle mie priorità.  Nel contesto della protezione e valorizzazione del territorio e del miglioramento dei servizi è fondamentale il ruolo delle associazioni. Essere presidente di una Onlus per oltre 6 anni mi ha insegnato molto e in particolare come l'azione diretta della società civile attraverso le associazioni possa rappresentare un valore aggiunto per la nostra democrazia. Penso alle cooperative sociali che si occupano di servizi alle persone, alle associazioni che si occupano della nostra salute e della bonifica del territorio, come è il caso dell'amianto, alle organizzazioni che offrono aiuto e sostegno ai lavoratori immigrati, ai circoli culturali che valorizzano il nostro patrimonio culturale. 
Come rappresentante dei lavoratori immigrati nella Lista Civica di Nicola Zingaretti, vorrei infine promuovere maggiori scambi tra l'Italia e l'Africa, per creare un ponte culturale ed economico che svilupperà nuovi posti di lavoro, poiché la disoccupazione sta spingendo molte famiglie di immigranti a re immigrare verso i paesi del Nord Europa o a ritornare in quelli di origine, al punto da far allontanare sempre di più qui in Italia la ripresa economica tanto attesa. L'Africa è un continente in crescita e i massicci investimenti che la Cina sta operando in questo continente sono una prova delle prospettive economiche offerte. Promuovere lo sviluppo del business con l'Africa per offrire nuove opportunità a imprenditori e lavoratori dei due continenti favorirebbe non poco l'economia della nostra Regione. La soluzione non è, secondo la mia esperienza, la divisione, al contrario, è l'unione, l'integrazione e la cooperazione soprattutto tra i giovani della nostra società ormai multi-etnica. Il mio impegno sarà perciò focalizzato ad aumentare la domanda dei nostri prodotti all'estero, promuovere l'artigianato e sottolineare le peculiarità e l'alto livello che questi prodotti raggiungono, anche grazie all'impegno e al lavoro di tanti immigrati che vivono in Italia onestamente e onestamente contribuiscono a questa economia. 
Aiutatemi a realizzare ciò che abbiamo immaginato per la nostra Regione! 




Bene-Rwanda Onlus: un impegno reale nei diritti umani


Nel 2005, insieme ad alcuni amici ruandesi, io e mio marito abbiamo fondato l'associazione no profit Bene-Rwanda, che in lingua kinyarwanda significa " figli del Rwanda". L'associazione, diretta da cittadini ruandesi che risiedono e lavorano da anni in Italia, rappresenta un punto d'incontro e di informazione per gli immigrati e tra immigrati e italiani. Le attività che la Onlus svolge sul campo mirano alla valorizzazione delle culture e alla difesa dei diritti umani, divulgando un' informazione aggiornata e selettiva sugli avvenimenti del passato e del presente che riguardano il Rwanda e l'Africa in generale.
Nello specifico, l'associazione Bene-Rwanda, dalla sua nascita, ha operato in manifestazioni di alto livello in tutta Italia, nei maggiori luoghi istituzionali, nelle università e nelle scuole, collaborando con personalità di spicco del panorama internazionale sia politico che culturale. La voce dei suoi testimoni è costante e forte, è un urlo che vuole non tanto condannare i "colpevoli", quanto, in nome dei diritti umani, riconoscere all'uomo le sue capacità critiche e dotarlo degli strumenti per riconoscere i segnali premonitori di imminenti tragedie umane. Anche per questo, Bene-Rwanda sceglie spesso di "parlare" e informare i giovani, gli adulti del futuro, coloro che senza la giusta conoscenza rischiano di dimenticare il passato e non accorgersi che quel passato più volte potrà ridiventare futuro. L' Associazione ribadisce sempre con forza e grande impegno il suo lavoro in nome di questi diritti, collaborando anche con altre organizzazioni.
Ha ottenuto patrocini per i suoi progetti da istituzioni quali le Nazioni Unite, la Regione Lazio, la Provincia e il Comune di Roma.

Françoise Kankindi: la mia storia


Sono nata nel 1970 da genitori ruandesi, rifugiati in Burundi in seguito al primo genocidio perpetrato in Rwanda nel 1959 da parte degli Hutu nei confronti della minoranza Tutsi.
Ho trascorso la mia infanzia e adolescenza in un paese in cui essere rifugiato significava non avere diritto né alla scuola né alla cittadinanza.
Nel 1992 mi sono trasferita in Italia per proseguire gli studi universitari.
Due anni dopo, nel 1994, ho perso tutta la mia famiglia nel genocidio che in circa cento giorni ha visto uccidere barbaramente più di 1 milione di persone Tutsi.
Nel 1998 mi sono laureata all'Università Cattolica di Milano in Economia e Commercio e, grazie all'ottimo curriculum, ho iniziato immediatamente a lavorare presso la società SAP Italia in qualità di consulente di informatica, dove sono rimasta fino al 2002, quando sono stata assunta da Poste Italiane a Roma nell'ambito dell'Amministrazione e Controllo.
Nel 2005 mi sono sposata con Eric Wibabara, ruandese, in Italia dal 1996, reduce della sanguinosa guerriglia che nel luglio 1994 ha fermato il genocidio in Rwanda. Oggi Eric, unico sopravvissuto della sua famiglia, lavora alla CIGL, dove è funzionario della Fillea Roma-Lazio.
Abbiamo un figlio, Alain, di 7 anni, nato a Roma come extracomunitario ma divenuto cittadino italiano insieme a noi da quando abbiamo acquisito la cittadinanza.
Dal 2005 sono presidente dell'Associazione no profit Bene-Rwanda.